L'interno della tenda,
dalle pareti completamente tappezzate di ogni tipo di arma, dai fucili ai
pugnali, dalle carabine alle scimitarre, si estendeva più per lunghezza che per
larghezza. Era diviso da un telone in due parti; la prima, comunicante con
l'esterno e riservata agli uomini, serviva per ricevere gli ospiti; la seconda
era riservata alle donne ed un profumo di caffè proveniva da quella parte.
Il caffè, però, doveva
essere la conclusione di un banchetto che le donne avevano già preparato. Sulla
tovaglia bianca stesa per terra, infatti, posavano vassoi stracolmi di cibo: un
segno di riguardo verso l'ospite.
Terminate le abluzioni,
sostituiti gli abiti impolverati, sedettero tutti sulla grande stuoia e il
pranzo ebbe inizio, servito da due giovani donne; l'allegro coro di voci
femminili proveniente da dietro il telone, andò infittendosi sempre più.
Finalmente venne servito
il caffè.
Era un vero rito. Riuniva
gli amici ed era pretesto per scambio di notizie, opinioni, consigli e preghiere.
Per essere perfetto
bisognava che fosse: nero come la notte, caldo come il sole e dolce come
l'amore!
La tostatura veniva fatta
al momento ed i chicchi erano ridotti in finissima polvere in uno staio di
ottone; solo così, acquistava quel profumo inimitabile. Onde evitare che fondi
di polvere potessero trovarsi nella tazza, soprattutto in quella di un ospite,
una volta giunto ad ebollizione veniva lasciato depositare per essere poi
travasato in un'altra caffettiera. A questo punto, dopo averlo riportato ad
alta temperatura ed aromatizzato con spezie varie, il caffè era pronto per
essere servito.
La più grande virtù del
beduino, dopo l'ospitalità, è sempre stata la parsimonia, ma, quando il caso
gliene offre l'occasione, il parco figlio del deserto sa trasformarsi in un
ricco Epulone e festeggiare il ricco bottino della razzia era sicuramente una
buona occasione per gli abitanti di Sahab.
Avvolte nei coloratissimi
feradje, mantello simile alla toga, le donne preparavano dolci e focacce. Era
l'abbigliamento delle grandi occasioni per le donne maritate; le giovani, il
volto maliziosamente nascosto dallo jasmac, braccia e caviglie cariche di
gioielli, danzavano e cantavano. La donna del deserto, più libera ed
indipendente di qualunque altra donna musulmana, portava il velo solo nelle
feste, quasi per civetteria.
La festa ebbe inizio e la
gente di Sahab si abbandonò alla frenesia: canti e musiche ed interi capretti
annaffiati di tec e divorati sulle note di ballate di eroi di tempi lontani.
La storia più richiesta
era quella di Fatima, la fanciulla contesa dai capi di molte tribù e quella di
due giovani, Cadem e Jezabel, che avevano scelto la morte per non vivere
separati. Ma c'erano altre canzoni, come quella del cavallo Dahis, che aveva
trascinato in guerra molte tribù. Quei canti enumeravano, uno ad uno i pozzi,
le oasi e i magri pascoli che avevano visto le gesta di antichi eroi. Seduto di
fronte al deserto, sir Richard, il biondo principe delle sabbie, ascoltava quei
canti e pensava agli eroi di mitiche imprese conosciuti nelle letture
giovanili. Pensava all'intrepido Giasone ed alla conquista del Vello d'Oro;
all'ingegnoso Odisseo ed al suo cavallo di Troia; all'irrequieto Alessandro
Magno ed al suo Nodo. Ma pensava anche allo sceicco arabo Imru-l-Qais ed al suo
sogno di riscossa e pensava a Rashid e ad Harith, ad Ibrahim e ad Aziz. Pensava
che anch’essi erano eroi. Eroi di un mondo più vicino. Eroi di un mondo che
sarebbe rimasto inutilizzato e morto senza di loro. Eroi di un luogo dove anche
un cespuglio spinoso poteva trasformarsi in latte, carne e lana.
Lui, il biondo principe
delle sabbie, che aveva buttato via il cappello per coprirsi il capo col largo
telo bianco dei beduini, nonostante le grandi e numerose differenze, diffidenze
e incomprensioni, si sentiva simile a loro. Uno di loro. E come uno di loro,
attese le danze, che giunsero dopo i canti.
La "danza delle
spade" fu la più spettacolare
continua)
brano tratto da "DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda
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mariapace2010@gmail.com
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