DUNE ROSSE

DUNE  ROSSE

DUNE ROSSE


Saga appassionante e coinvolgente composta da quattro volumi

DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda
DUNE ROSSE - Fiamme sul Deserto
DUNE ROSSE - Nella tana del cobra
DUNE ROSSE - L'Avvoltoio lasciò il nido (prossimamente)

domenica 31 maggio 2015

DI RITORNO...


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Il sole si mostrò ben presto non più alleato degli uomini. Il gruppetto avanzava in uno scenario arso dalla siccità, chiuso in un orizzonte monotono, simile all’ondeggiare di un oceano rosso.
Harith cavalcava al fianco di Letizia. Nessuno dei due parlava, ma la ragazza sentiva su di sé lo sguardo di lui, carezzevole e tenero. Come erano sempre i suoi sguardi. Uno sguardo,  però, che la irritò.
Ma non era irritata con lui, bensì con se stessa.  Distolse lo sguardo da lui, facendolo convergere sulla donna del beduino che avevano soccorso: anche lei la stava guardando.
Sì, era proprio irritata. Debole e vulnerabile. Ecco com’era, si diceva. Eppure aveva giurato a se stessa che non avrebbe mai permesso a qualcuno di farle ancora del male e invece, eccola in balia di un sentimento onnipotente ed indomabile.
Sciocca, illusa ragazza che aveva creduto di avvincere alla propria vita, impadronirsi,  trattenere con la sua inesperta passionalità un uomo come lo sceicco di Sahab… Sciocca, illusa ragazza arrivata da lontano, incapace di contrastare le segrete, sapienti insidie  amorose di donne come Jazina, che nascondevano fascini segreti e pratiche amorose capaci di conquistare un uomo.  Fascini e pratiche che lei non conosceva, al contrario delle donne di quelle terre, il cui scopo di vita era soltanto quello di soddisfare il piacere di un uomo. Fascini e pratiche che Jazina doveva aver esercitato, se era riuscita ad allontanarlo da lei e farsi sposare.
“Guarda laggiù, Letizia. - Harith ruppe il silenzio – Guarda. “ disse, sollevando un braccio ed indicando due splendidi esemplari di aquile comparse d’improssivo nel cielo sopra le loro teste.
Letizia si girò verso di lui e fu allora che vide la macchia rossa sulla sua spalla sinistra.
“Ma tu… tu sei ferito, Harith?” proruppe tendendo la mano verso di lui.
Si girarono tutti e tutti videro la macchia di sangue che s’andava allargando all’altezza della spalla e solo allora parvero far caso al pallore che ricopriva il volto del giovane.
“Una di quella pllottole ha trovato il suo bersaglio… ah.ah.ah…” fece egli con un sorriso forzato.
L’espressione sofferente e il pallore comparso sul bel volto, Harith si lasciò andare in avanti fin quasi a sfiorare il collo dell’animale. Ma si rialzò. Ancora col sorriso.
Sir Richard per primo gli si accostò, per prendere le redini che gli erano sfuggite di mano. Osservò da vicino la spalla sanguinante dell’amico, poi si tolse il fazzolettone color tabacco che sempre portava al collo e con quello tamponò la ferita,  non prima di aver fatto pressione tra ascella e collo per controllare il sanguinamento.
“Bisogna tornare mmediatamente  a Sahab – disse – Il tempo non è amico  in questi frangenti… La ferita non sembra profonda, ma il proiettile deve essere ancora dentro.“ si schiarì la voce e premette con le mani sul tampone fino a che non vide il sangue arrestarsi; gli altri lo guardavano in silenzio. Quando fu certo che non sanguinasse più, sir Richard si tolse il cordone che gli tratteneva il mindil sul capo e con quello tenne stretto il tampone sulla ferita, senza però, premere troppo, per evitare che la pallottola penetrasse ancor più all’interno. Quand’ebbe finito,
“Oh. Oh!” incitò il cavallo e lo lanciò al galoppo, sempre reggendo le briglie del cavallo dell’amico e sempre seguito dagli altri.
Furono in vista di Sahab pochi minuti più tardi.


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