DUNE ROSSE

DUNE  ROSSE

DUNE ROSSE


Saga appassionante e coinvolgente composta da quattro volumi

DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda
DUNE ROSSE - Fiamme sul Deserto
DUNE ROSSE - Nella tana del cobra
DUNE ROSSE - L'Avvoltoio lasciò il nido (prossimamente)

lunedì 19 gennaio 2015

Il deserto di Rub al Khal





Sabbia rossa e soffice, tramonti fiammeggianti, scenari affascinanti ,  immobili e remoti  percorsi da carovane di nomadi e beduini. Così appare al viaggiatore il deserto di Rub al-Khali, nel bel mezzo del Nulla.
La gente del posto lo chiama anche Ar-Rimal, ossia Le Sabbie oppure Quarto Vuoto, essendo la quarta parte di tutto il territorio dell'Arabia Saudita.
Alla superba ed inquietante bellezza si contrappone un clima tra i più ostili al mondo, una profonda, assoluta aridità  e la negazione alla vita. In alcune zone l'escursione termica può superare i 60°, raggiungendo di giorno  i 50° e precipitando di notte fino a -10°, condizioni che di certo scoraggiano ogni forma di vita.
Ma non é propriamente così! Questa immensa  distesa arroventata di sabbia, dune e barcane, in realtà  permette la vita. Per sopravvivere, però, in condizioni così estreme, occorre  ingegnarsi  e possedere altissimo spirito di adattamento e questo vale sia per le persone che per animali e piante.
In realtà, i suoi abitanti,  beduini e nomadi, occupano solo le zone marginali, poiché inoltrandosi all'inteno, quest'immensa plaga arroventato, risulta totalmente disabitata ed alcune zone, perfino inesplorate.
Prima di tale totale desertificazione, però, il territorio era assai diverso. Lo dimostrano i grandi bacini salati dall'accecante biancore che intercalano le  grandiose dune rosse e giallastre ... dune che cambiano di forma e colore durante l'arco di una giornata a causa dell'azione del vento e della luce.
In età preislamica, fino al III° secolo d.C. il territorio era attraversato da piste carovaniere dell'incenso assai frequentate.

Caratteristici di questa plaga desolata sono gli widian, corsi d'acqua che corrono, provenienti dalle colline di Higiaz, diretti verso le zone centrali, ma che si perdono nella sabbia lungo il percorso; questo perché le piogge sono un fenomeno davvero assai raro.
Assai meno raro, invece, é la presenza del vento, che può spirare da diverse direzioni e con diversa intensità.
Un vento particolarmente potente, asciutto e torrefatto, causa di violente tempeste di sabbia e di innalzamento della temperatura, é il Sam o Sammun. Talmente potente da riuscire a dissolvere gli  accecanti vapori presenti nell'atmosfera quando nella sua corsa tremenda, riesce a raggiungere le zone costiere del territorio.
Al contrario, la mancanza assoluta di vento, può favorire quel fenomeno che tutti conosciamo con il nome di Miraggio.
Che cos'é un miraggio?

E' un fenomeno di illusione ottica dovuta alla rifrazione dell'aria.
Il sole arroventa la sabbia in assenza di vento e al suolo si formano zone di aria calda meno densa di quella soprastante. Può accadere che un raggio proveniente ad esempio da una palma, incontrando aria rarefatta tenda ad allontanarsi dalla linea diretta normale e si incurva fino a descrivere un arco concavo verso l'alto. Quando questo raggiunge il punto di incidenza massimo, si riflette totalmente e continua a propagarsi ed a rifrangersi, allontanandosi dalla linea normale.
Se un occhio lo intercetta nel suo arco  ascendente, vedrà la palma capovolta come riflessa in uno stagno.

Oggi questo deserto é costantemente attraversato da viaggiatori in fuoristrada o turisti in cerca di emozioni, ma soprattutto da tecnici e scienziati per le loro ricerche petrolifere i cui proventi hanno cambiato l'economia del Paese e di conseguenza le condizioni e lo stile di vita dei suoi abitanti e lo stesso paesaggio.

LE OASI






LE  OASI

"Tratto di terra fertile e verdeggiante in mezzo al deserto."  Così recita il dizionario.
In realtà, il paesaggio di un'oasi é sempre o quasi sempre artificiale, opera, cioé, della mano dell'uomo.
La sua esistenza dipende dalla presenza di acqua necessaria ad alimentare una vegetazione costituita prevalentemente dalla palma da dattero, pianta  indispensabile a favorire l'insediamento umano ed a farne un luogo adatto alle tappe delle carovane in transito nel deserto.
A nutrire un'oasi può essere l'acqua di un fiume o di una sorgente, ma anche quella presente nel sottosuolo;
in questo caso a riportarla in superficie sono i pozzi artesiani
L'oasi si può definire, dunque,  un mondo rigoglioso circondato dal deserto. Tale rigoglio, però, é soprattutto opera dell'uomo. Del fellahin, come viene chiamato il contadino delle oasi.
Il fellahin  conduce con il deserto una lotta strenua e continua per conservare lo spazio di cui già dispone e per tentare di sottrargliene dell'altro.  I fellahin, infatti, usano piantare palme giovani  nella   sabbia  ai  bordi dell'oasi. Le irrigano anche due o tre volte  la settimana, fino a quando non metteranno radici che  si spingeranno nel sottosuolo alla ricerca della falda freatica  acquifera che permetterà loro di sopravvivere.
Il fellahin, dunque, deve lottare strenamente e continuamente con il deserto per sottrargli spazio e soprattuto per non lasciarselo portar via , poiché il deserto tende  a riprendersi ciò che gli appartiene.
In questa lotta con la natura e non contro la natura,  il contadino ha un  altro avversario, alleato del  deserto: il vento.  Il vento, infatti, tende a sommergere di sabbia le piante, soprattutto quelle più giovani e delicate, sabbia che deve essere continuamente rimossa.

Fra tutti i  deserti quello di  Rub-al-Kali é, forse,  il più desolato del nostra pianeta.  E' del tutto privo di corsi d'acqua perenni, ma è percorso da widian,  grandiosi corsi d'acqua asciutti, che suggeriscono la presenza in un passato remoto di grandi fiumi.  Oggi le piogge sono  rarissime, brevi e assai violente;  provocano piene effimere, a causa dell'immediata evaporazione delle acque e del loro assorbimento da parte del terreno,  ma riescono a nutrire le numerose falde freatiche del sottosuolo  che  nel territorio sono numerose sia in superficie che in profondità.
Le prime danno vita ad oasi spontanee, le seconde, invece, vengono raggiunte dalla mano dell'uomo attraverso la escavazione di pozzi artesiani. Entrambe, però, sono  frutto  dell'operosità dell'uomo, senza il quale, il deserto tornerebbe a seppellire ogni cosa.
E' la quantità d'acqia, dunque, a favorire la densità della popolazione di un'oasi. Si tratta di popolazioni sedentarie che non conoscono oppure hanno lasciato il peregrinare attraverso il deserto in cerca di pascoli per i loro armenti e che  molto spesso si dedicano alla coltivazione di altre piante oltre a quella da dattero ed all'allevamento di bestiame e attività inerenti.


domenica 18 gennaio 2015

DUNE ROSSE volume II°




Dune Rosse: Fiamme sul Deserto (Volume 2) (Italian Edition) (Italian)Paperback – December 24, 2014

ISBN-13: 978-1505685718  ISBN-10: 1505685710  Edition: 1st

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Dune Rosse - volume I



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Dune Rosse: Il Rais dei Kinda (Volume 1) (Italian Edition) (Italian)Paperback – Large Print, November 15, 2014

ISBN-13: 978-1503229006  ISBN-10: 1503229009  Edition: 1st

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sabato 17 gennaio 2015

Il giorno della Sposa




 ......
Il giorno atteso, alfine, giunse:   Il giorno della Sposa, che ebbe inizio con le prime luci dell'alba. Le donne della tribù erano tutte con lei nel piano terra della residenza che il lord inglese aveva scelto per sé nel Fortino diroccato, ad est dell’oasi.
Indossavano tutte gli abiti più belli e i gioielli più luccicanti e preziosi e le più giovani avevano portato alud e tandir, sulle cui note altre giovanissime si muovevano con grazia e un pizzico di malizia. Jasmine comparve avvolta in un ampio mantello bianco e tutte le corsero incontro, la circondarono, l'abbracciarono, la baciarono e poi tornarono ai loro posti a cantare, suonare, danzare e consumare pasticcini e datteri, accompagnando la dolce abbuffata con succhi di frutta e di melone che Alina continuava a portare in splendide caraffe d'argento disposte su grossi vassoi.
Accanto alla sposa erano rimaste solamente in tre e la liberarono subito del mantello poi la fecero sedere su uno sgabello e l’aiutarono a liberarsi degli abiti e lei sbocciò in tutta la sua bellezza, come un fiore di primavera.
"Bene, principessa Jasmine!... Bene!"  approvò la più anziana di loro, sciogliendole i lunghi capelli scuri e ricci, mentre bisbigli di ammirazione l’avvolgevano come in un manto profumato d’affetto.
 Jasmine si sottopose di buon grado a quel rito, anche se un lieve rossore era venuto a coprirle il volto, nel tentativo di sottrarsi agli sguardi indulgenti e divertiti delle donne.
"Sei bellissima! - le dicevano - I tuoi fianchi sono morbidi e tondi,  le gambe sono slanciate e perfette e i seni... oh, i seni sono generosi e di bella forma...”
“Faranno la gioia e la delizia del nostro rais... ah.ah..." sorridevano affettuose.
“Da grande voglio diventare bella come la principessa Jasmine.” esclamò entusiasta Agar, l’ultimogenita di Alina, accarezzando il mantello della sposa che aveva avuto in cura.
          
 “La nostra bella Jasmine avrebbe dovuto acquistare ancora qualche chilo... forse… – si girarono tutte in direzione dell’uscio su cui era apparsa Selima – E tu, piccola Agar, dovresti fare lo stesso… fra qualche anno…” aggiunse avanzando dondolando in tutta la sua pinguedine, colei che era stata la Favorita del rais.
Letizia, seduta su un cuscino ai piedi della sposa, smise di suonare e fece convergere uno sguardo di disapprovazione sul faccione della ragazza.
“La piccola Agar non è la sola che vorrebbe assomigliare alla cara Jasmine…” disse.
Jasmine arrossì e non rispose. Appariva assorta e  pensierosa mentre la lama del rasoio scivolava leggera sul corpo unto d'olio profumato. Dopo la depilazione seguì il massaggio, sempre tra canti e suoni, infine la inondarono di profumi e la truccarono con l'henné: mani e caviglie coperti da segni il cui significato, la vecchia Alina andava spiegando con dovizia di particolari.  Le furono laccate anche le unghia di mani e piedi, poi passarono al trucco degli occhi e delle labbra: verde malachite per far risaltare lo sguardo e rosso carminio per rendere ancora più  sensuale le labbra carnose.
“Portate l’abito nuziale.” disse Alina alle due figlie minori.

In verità, la sposa avrebbe cambiato d’abito in ognuno di quei cinque giorni di festa, ma il primo doveva essere il più ricco e sontuoso.
Bellissimo e prezioso, il vestito da sposa della principessa Jasmine era un vero sogno. Verde come gli straordinari occhi.
Sopra la biancheria intima, di preziosa seta ornata di merletti, Alina le adagiò una splendida tunica di luccicante raso, impreziosita da ricami dorati ed applicazioni di pietre preziose; aderente sui fianchi, scivolava giù morbidamente ampia, orlata di ricami, gli stessi delle maniche ampie ed asimmetriche. Un’ampia cintura dorata sottolineava l’esile vita da cui il busto sbocciava come un fiore carnoso.
Letizia e Zaira le si avvicinarono reggendo un mantello senza maniche, anche questo di colore verde e impreziosito dagli stessi ricami della tunica; glielo posarono sulle spalle con gesto d’affetto e commozione.
Sui capelli, divisi a metà e trattenuti sulla nuca, le misero un magnifico diadema cui era legato il velo di finissimo voile.
Vaporoso e preziosissimo per gli innumerevoli minuscoli diamanti e smeraldi di cui era tempestato, pareva una nuvola verde dietro cui i contorni del bellissimo volto della sposa sfocavano in un suggestivo gioco di vedo-non-vedo dai riflessi d’oro. Oro anche per ornare polsi e dita: quasi un trasparentissimo guanto di finissima filigrana che metteva in risalto le figure dipinte con l’henné.
Dolce e sensuale, la musica di alud e tandir, nelle mani delle ragazze, accompagnava ogni gesto.
Nell’allegro brusio di risatine, gridolini ed esclamazioni, il tempo scorreva veloce, insieme al tintinnio degli argenti delle brocche e dei vassoi:  bevevano e mangiavano e qualcuna fumava il narghilè, che  diffondeva nell’aria un odore acre e tenue, assieme a quello  di tutti quei giovani corpi profumati ed eccitati.

Finalmente la sposa fu pronta.
(continua)

brano tratto da DUNE ROSSE- Fiamme sul deserto

I PRIGIONIERI di SALWALAH





................
Salwah sorgeva su una di quelle collinette, circondata da palmizi e brevi mura merlate che proteggevano case e minareti affacciati su una verde distesa erbosa.
Ibrahim tese la mano proprio in quella direzione.
“E’ laggiù che troveremo Hamed e gli altri prigionieri. – disse, poi aggiunse – Poco più di una dozzina, ci hanno informati.”
Lo spettacolo cui poco più tardi i due amici si imbatterono, proprio all’uscita della cittadina, era davvero lugubre e sinistro: la fila dei condannati delle prigioni di Salwah.
La scortavano due guardie armate di fucili, pugnali  e frusta, che ogni tanto facevano schioccare minacciosamente. I prigionieri, una teoria di indumenti disuguali e laceri, erano a piedi nudi e le caviglie erano imprigionate in due cerchi di ferro assicurati ad un’asta che rendeva lenta e assai penosa l’avanzata. A rallentare la marcia, però, era anche la lunga catena che legava l’uno all’altro quegli infelici,  attraverso quadrati collari di ferro così pesanti da provocare cicatrici ed arrossamenti a collo e spalle. Se anche fosse venuta loro qualche tentazione di fuga, quell’inumana tortura avrebbe spento ogni intenzione e speranza.
Suo malgrado, pur avvezzo ad ogni genere di brutture, il lord ebbe un brivido che gli attraversò la schiena; Ibrahim, al suo fianco, trattenne un’imprecazione.
I due si accostarono al ciglio della strada e fermarono i cavalli;  la colonna dei condannati si trascinò, passando davanti a loro. Qualcuno sollevò lo sguardo, torvo e rassegnato; altri sguardi, però, scintillavano di una luce rabbiosa e ribelle.
“Quello è Hamed. – proferì  Ibrahim con un cenno del capo, indicando l’ultimo prigioniero legato a quella catena – Devo farmi riconoscere e dirgli di tenersi pronto.” e balzò giù di sella, muovendo un passo in avanti.
“Aspetta! – lo fermò il compagno – Ho già provveduto a cosa fare. - spiegò smontando anch’egli – Non è la carità del buon musulmano a nutrire questi disgraziati? Ho portato del pane da far distribuire. Potremo avvicinarci senza destar sospetti.”
Così fecero. Presero del pane dalle bisacce poggiate sulle groppe  di uno dei muli del seguito e si fecero avanti per la distribuzione. Pane fresco e profumato che svegliò anche l’appetito degli uomini di scorta i quali si avvicinarono per controllare; Ibrahim aveva raggiunto il cugino e gli stava porgendo una grossa forma di pane confabulando con lui sottovoce.
Le mani si tesero, grandi e piccole, rugose e giovanili; di vecchi, giovani e perfino adolescenti e gli sguardi si accesero nelle orbite illividite; risveglio di espressioni sulle facce inebetite da maltrattamenti, vergogna e rassegnazione.
D’improvviso il fragore di zoccoli sul selciato irruppe su quella teoria di miseria e  disperazione e un gruppo di cavalieri lanciati al galoppo arrivò tra uno svolazzare di mantelli e gualdrappe colorate.  Arrivò con i fucili in mano, branditi in alto sulle teste e appena caricati  al galoppo. Come solo loro sapevano fare: gli uomini della tribù dei Kinda.
Di colpo si fermarono. Tutti insieme. Di fianco alla colonna dei prigionieri. Terribili e minacciosi, mentre i cavalli si irrigidivano, puntando i garretti e spalancando  froge e bocche tirate dal morso.

Mentre Rashid ed Ibrahim correvano su e giù lungo la colonna, gli altri liberarono i prigionieri dalla catena, poi li presero in groppa dietro di loro e così come  erano giunti, fulminei e turbolenti, si allontanarono.

Sir Richard ed Ibrahim  li seguirono subito dopo, a loro volta inseguiti dagli sguardi allibiti degli uomini della scorta che, nel pragmatico fatalismo tutto arabo, accettarono di buon grado la legge del più forte.
(continua)
brano tratto da:   "DUNE ROSSE  -  Fiamme sul deserto"

venerdì 16 gennaio 2015

Ombre e gelosie





......
Un taciturno disagio si creò fra lei e Jasmine che cercava di evitarne lo sguardo.
La principessa rispondeva con sorrisi ai sorrisi di sarcastica ilarità con cui l’altra a tratti cercava di colmare quel disagio. E sorrise anche nel lasciare la stuoia per allontanarsi, qualche istante più tardi, dopo i convenevoli di saluto.
Lentamente si incamminò verso la Fontana-del-Fico, ma non da sola: lo sguardo della rivale, determinato e insaccato fra due strati adiposi, la seguiva ostinato come la sua ombra e  velato di controllato risentimento. Lo sentiva, quello sguardo, pesarle  sulle spalle come una veste scomoda; intuiva i pensieri e i risentimenti celati dietro la fronte: Selima era per lei come un libro aperto. Dai suoi discorsi e dalle “chiacchiere” delle donne, non aveva faticato a capire che la Favorita del “suo” Rashid era una di quelle persone che una volta ottenuto quel che volevano, l’avrebbero difeso con le unghia e i denti. Quello che Selima voleva era assai chiaro: semplicemte ed irrinunciabilmente conservare il privilegio di Favorita del capo, faticosamente e sottilmente conquistato.
Il sorriso sfingeo, i modi consapevoli e sicuri di sé, autoritari… no! Jasmine non aveva dubbi: dovevano custodire  talenti nascosti; il profumo intenso e carnale, la bocca carnosa e ingorda e quei suoi immensi occhi scuri che parevano nascondere e custodire voluttuosi, intimi segreti… la persona piccola e sfacciatamente opulenta, fluttuante entro l’ampia veste drappeggiata e dai ricami dorati… la veste sotto cui magistralmente doveva esercitare… ne era sicura… voluttuose, segrete raffinatezze…
 Ma forse, provò a convincersi, raggiunta l’ombra che il grande fico accanto alla monumentale Fontana proiettava al suolo…  forse Selima appariva ai suoi occhi così temibile solo perché Rashid l’aveva amata e forse l’amava ancora…  Rashid amava Selima!… Il pensiero  irruppe dietro la mente come un fulmine e vi scavò una sottilissima linea orizzontale.
Le palpebre sbatterano più volte, con stupore quasi incredulo; lo sguardo addolorato, come accecato dal sole torrido. Come sbalordito.    

Non aveva mai pensato a Rashid innamorato di Selima… pronto a  fare  sesso con lei. Sapeva, certo, che nella sua vita dovevano esserci altre donne: Allah gli concedeva formalmente l’amore di quattro donne e Selima era certamente una di queste. Ma non ci aveva mai pensato prima,  il cuore e la mente occupati unicamente da quel serpentino spasimo di piacere che il solo pensare a lui le procurava.
Si rivide ansante e trepidante, pallida d’emozione, tra gli oleandri del giardino di Doha, ad attendere il suo ritorno... la promessa di tornare da lei… a sussultare con il cuore contratto di gioia ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome che, pure, per breve tempo, aveva creduto quello di un nemico...  Rivide, mentre una scintilla di sorriso le aleggiava sulle labbra rosse come i petali di un fiore di melograno e le guizzava nel verde balenio degli occhi… rivide il piccolo  Amud!
Le riapparve improvvisa, nella luce accecante del giorno ormai fatto… le riapparve l’immagine del piccolo pastore nascosto entro l’enorme burnus color miele bruciato. Seduto alle spalle del vecchio capo di quella  tribù di beduini e un po’ isolato dagli altri.  Aveva scelto quel travestimento per sfuggire ad Hakam, l’uomo che  voleva farla sua sposa a costo di ucciderla e s’era trovata quasi nelle braccia di Rashid, ignaro d’averla al suo fianco, stesa sulla sua stuoia. Quanta emozione;  la gola chiusa, il respiro trattenuto, quasi provenisse dal più profondo di se stessa… dal suo grembo stretto dalle braccia contratte. Indescrivibile gioia,  la “sua”  coperta accogliente  sotto cui si era infilata, lasciandogli credere d’essere il piccolo, taciturno, scontroso Amud  e sentire il suo respiro accanto a sé, le spalle salde e possenti contro le sue. Gioia e paura… paura di tutto e di tutti, mentre  la luna saliva veloce sopra le dune.   Poi, l’episodio del medaglione e il piccolo Amud era tornato ad essere Jasmine e Rashid le aveva giurato amore eterno.
Ma nella vita di Rashid c’era anche Selima, perché nella vita di ogni uomo c’erano sempre altre donne. C’era Selima, la sua Favorita, capace di trattenere con la sua lussuriosa, sospirosa remissività, l’irrequieta  passionalità  del “suo” Rashid.
Lo consentiva la consuetudine. Lo consentiva Allah!Lei non poteva che accettare anche se il cuore  doleva.

(continua)
brano tratto da  "DUNE ROSSE - Fiamme sul deserto"

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LA FAVORITA



....
Lasciate, più tardi, le due ragazze con la speranza che facessero amicizia, Rashid s’incamminò verso la tenda del suo sceicco.
 Rashid conosceva Selima da più di un anno, ma era diventata la sua Favorita solo da qualche mese.
La ragazza  apparteneva alla tribù vassalla dei Kaza  ed era arrivata a Sahab a seguito di un attacco alla sua gente da parte di una tribù nemica.  Era prossima a compiere trenta anni ed era una ragazza dall’aspetto florido e piuttosto piacente: labbra carnose e sensuali, occhio vivace e nero, fisico prorompente.
Non era l’unica distrazione del capo, naturalmente, ma era la più richiesta tra le tante  concorrenti, fino a diventare un’abitudine e questo, giorno dopo giorno, ne aveva notevolmente accresciuto il prestigio e la posizione rispetto alle altre donne. 
I suoi sguardi di donna consapevole di sé e dell’ascendente su quel giovane uomo da tutti temuto, irruente e passionale, che poteva avere ogni donna ma che aveva scelto lei,  si caricavano di un piacere quasi torbido, quand’egli la cercava. Si era convinta che quel giovane tanto temerario nelle azioni quanto ardente nell’intimità, bello e scontroso, le fosse stato assegnato dalla sorte. Forse dallo stesso Allah!  
Da questo stato di intensa eccitazione, però, di ebrezza spasmodica, aveva avuto un brusco risveglio quando all’orizzonte era apparsa l’ombra della principessa Jasmine.  In realtà, all’inizio, gli sguardi di lui, smarriti e persi dietro inafferrabili pensieri, non l’avevano veramente scoraggiata, avendo, egli, continuato a chiedere la sua compagnia. Inconfessate sensazioni di smarrimento, però, sgradevoli e nuove, minacciavano ogni giorno di più quel suo  mondo di felicità, di folli spasmi e di lucida ebrezza. 
Selima, però,  non era più un’ingenua fanciulla: la mano del suo “signore” quando l’accarezzava era meno predace e meno eccitata  e inutile era ogni suo  segreto fascino per sollecitare i furiosi ed impetuosi desideri di un tempo.  Ma lei lo stesso continuava a vivere in quella specie di vaga eccitazione che la faceva sentire  immersa in un mondo di inaspettata fortuna. Come una bambina che riesce ad entrare in un mondo di favole e non vuol saperne di uscire.

Si era allarmata, perciò, quando aveva finalmente avvertito  la gravità della  minaccia: collera repressa e   un ossessionante bisogno di rivalsa nei confronti della rivale. Si era fatta arida e spinosa come una pianta di cactus riarsa dal sole, mentre un sofferto pallore le sbiancava ogni giorno di più le guance paffute, senza che neppure il velo di cipria colorata riuscisse  a ravvivare.
(continua)

brano tratto da   "DUNE ROSSE -  Fiamme sul deserto"

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giovedì 15 gennaio 2015

La Primavera araba... e la donna musulmana






La Primavera araba del 2011 ha giovato alla donna musulmana ed al suo percorso di emancipazione?
E' accaduto, dopo la primavera araba del 2011, quello che era accaduto già quando, in un passato recente, tutti quei regimi moderati o laicisti (Turchia, Iran, Libia Egitto, Tunisia..) tentarono di imporre ad una società fondamentalmente tradizionalista l'emancipazione della donna come strumento per sradicare quella mentalità.
Quando quei regimi crollarono, primo fra tutti l'Iran, si tornò ai vecchi sistemi:
- repressione delle libertà riconosciute alla donna
- reintroduzione della poligamia
- reintroduzione dell'infibulazione (peraltro fuori legge dal 2008).

Si riscontra nei regimi post primavera araba, che i Capi di Stato   sono diventati religiosamente più intransigenti , che  il fenomeno terrorismo si é fatto più evidente, che scontri e guerre civili sono aumentati, che persecuzioni nei confronti di minoranze si sono inasprite e che la condizione della donna è peggiorata.
Così, ad esempio:
- in Siria lo stupro pare diventato arma da guerra
- In Libia, Marocco ed altri Paesi è stata reintrodotta la poligamia
- nello Yemen, ma anche in altri Paesi) è lecito e permesso sposare bambine
- che non è  permesso, invece, in Arabia Saudita ad una donna di mettersi al volante di un'auto o andare in giro da sola
- che là dove questo é permesso, come in Egitto, le aggressioni sono di una frequenza impressionante, tanto da indurre le autorità a istituire, nelle metropolitane, vagoni per sole donne.
- che in Iran ogni giorno settemila agenti pattgliamo lacittà alla ricerca di  donne senza hijaab. 
- che in Tunisia non sia ancora stato cancellato l'articolo che  prevede il"matrimonio riparatore" anche in caso di stupro di una minorenne
- che molte delle donne che parteciparono alla Primavera del 2011 durante la repressione da parte dei regimi hanno subito soprusi, umiliazioni, aggressioni sessuali, visite ginecologiche ed altre inaudite vessazioni.

Da questi inasprimenti, però, è nata quella che è stata definita l'Intifada delle donne arabe:
 Intifadat  al-mar'ah'ah fi-l'alam  al-'arabi  per il riconoscimento e la conquista più che di una parità, di una complementarietà fra uomo e donna, ossia di unione e completamento secondo l'antica tradizione islamica venuta in seguito a scontrarsi con l'attaccamento a vecchi costumi.
La Primavera araba ha avuto effetti positivi sulla e nella donna musulmana: il  risveglio della coscienza ed una consapevolezza di sé mai avuta prima.
Si tratta di un cambiamento non violento, lento, ma irreversibile che sta trasformando la società araba; una rivolta organizzata e condotta in maniera, forse, inusuale, ma efficace: attraverso i media.
Facebook e Twitter.

Non in tutti i Paesi, però, é stato possibile.
Kuweit, Marocco, Egitto, Tunisia... sono Paesi in cui la donna ha visto migliorate le proprie  condizioni di vita, ma anche in Paesi come l'Arabia Saudita, lo Yemen, l'Iraq ecc...  notoriamente più intransigenti,  vi sono segnali pr una conquista di emancipazione.

Si può affermare, dunque, che sì, la Primavera araba ha giovato alla donna araba nel suo percorso di emancipazione.
Si può affermare che, quando si parla di donna araba, é sbagliato fare considerazioni  soltanto riguardo l'uso del velo o la sottomissione all'uomo, realtà innegabili in vari Paesi.
Si può affermare che sono molte le altre realtà:
- è realtà che il Pakistan abbia avuto per Primo Ministro una donna, al contrario dell'Italia
- é realtà che in Marocco il 20% del Parlamento sia composto di donne. Esattamente come in Italia
- é realtà che nel mondo arabo la percentuale delle donne laureate sia superiore a quello degli uomini
- é realtà che in Kuweit  le donne abbiano raggiunto un traguardo che nella sostanza, forse,non c'é neppure in Occidente e questo in soli dieci anni... da quando, cioé, é stato riconosciuto loro il diritto di voto.
- é realtà che in Arabia Saudita, il più maschilista dei Paesi arabi, le donne hanno finalmente potuto votare ed essere votate. Venti giovani donne coraggiose che hanno sfidato pregiudizi millenari e che sono state premiate dal consenso dei voti, nonostante il divieto di fare propaganda elettorale ed altre limitazioni.
- é realtà che ad una donna dello Yemen sia stato riconosciuto il Premio Nobel per la Pace
- é realtà che in molti Paesi mediorientali siano state le donne ad emigrare per prime per poi essere raggiunte da congiunti in Europa e in Italia

Discriminazione esiste, ma non é uguale in tutti i Paesi, né su tutti i piani: religioso, politico, sociale.
Nei Paesi più tradizionalisti o in quelli che rivogliono il rispetto per la tradizione e la  reintroduzione della Sharia, dove le norme del Corano sono interpretate ed applicate in modo più rigido, il percorso  sarà più lungo e faticoso. Lo sarà meno in quei Paesi meno tradizionalisti dove le donne si sono già viste riconoscere diritti un tempo riservati a soli uomini.

mercoledì 14 gennaio 2015

INCONTRO - Poesia araba

INCONTRO





Già le anime si erano consunte di passione,
cogliemmo, senza che ci fosse imputata colpa,
i frutti di un piacere che si colgono quando si piantano.

Quando poi svanirono le stelle
levando una bandiera sulla quale s'appressava la luce
e dalla quale svanivano le tenebre,
sospirai sbigottito,
ma solo sospirai per lo spuntar dell'aurora.

O aurora non venire. Tu mi fai desolato.
O notte non andar via. Tu mi dai gioia.

poesia araba  -  di  Ibn Hamdis

IL TEMPO - poesia araba




IL TEMPO





C'é un tempo per l'amore
un tempo per la serietà
e un tempo per il gioco.

C'é un tempo per la menzogna
e c'é un tempo per l'amara verità.
Dissero la volpe, il politico e il mercante:
Hai ragione!

C'é un tempo per mentire
e un tempo per la verità mendace
e io nella sciocca saggezza sono costretto e soffocato.
Dissi:
"Credo ad un sol Dio!"

E singhiozzavo.
La morte non ha tempo.
La morte é di ogni tempo!

poesia araba di Sayed Hegab

martedì 13 gennaio 2015

DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda (vol.I)

PRESENTAZIONE




Il forte interesse e la grande ammirazione verso tutto ciò che era Orientale, creò nel XIX° secolo uno dei capitoli più complessi della storia intellettuale europea. Si trattò di un fenomeno assai diffuso a causa dello spiccato interesse per tutto quanto fosse orientale e per alcune caratteristiche in particolare: l’arte, la falconeria, i divertimenti (soprattutto danza del ventre). 
Si giunse perfino a deporre l’abito europeo per preferire quello orientale. Molte personalità lo fecero: il pittore David, l’archeologo Belzoni, l’avventuriero Laurence d’Arabia, per citarne solo alcuni.
Si trascurarono, però, alcuni degli aspetti fondamentali di quella cultura; a volte si finì anche per ironizzarne.
Mancò spesso il rispetto per una cultura considerata piuttosto folkloristica e quel che è peggio, si trascurò la condizione assai precaria che la donna ricopriva in quella società.
Ossessione per una terra ed una cultura che, in fondo, non si conosceva  affatto, ma che spinse tanti europei a travestirsi da arabi…
Nelle vicende narrate in questa che è una saga tribale,  non si incontreranno solo figure storiche realmente esistite, ma anche personaggi partoriti dalla fantasia, perché il tema  é:

AMORE e PASSIONE - AVVENTURA e AZIONE - STORIA  e MITO - FANTASIA e MISTERO   

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DUNE ROSSE - Fiamme sul deserto (vol. II)

PRESENTAZIONE



Che sapore hanno l'amore e la passione?... il sangue e l'odio? Nel posto più straordinario, affascinante e inospitale del nostro pianeta, i sentimenti non sono gli stessi che in altre latitudini... qui il sangue scorre nelle vene come liquido fuoco vivo.
Amore e passione, guerre tribali, razzie, intrighi e misteri,  azione, avventura, fantasia, qui, hanno spazi infiniti... Storia e consuetudini.
Uno struggente sentimento lega Rashid, il Rais più temuto d'Arabia,  alla principessa Jasmine, ma il suo tutore, il sultano-usurpatore di Doha la promette in sposa ad un uomo dal torbido e misterioso passato. Jasmine, cui è stato fatto credere che l’uomo che ama è responsabile del massacro della sua gente, fugge attraverso il deserto, adottando un travestimento che la rende irriconoscibile.

Si inserisce in queste vicende, la tenera e tormentata storia d'amore dello sceicco Harith per la bellissima Letizia  e l'amore proibito di sir Richard lord inglese, per l'indiana Zaira

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sabato 10 gennaio 2015

LA DANZA delle AQUILE




...... 
Il giovane, conteso bel predone  gratificò di un sorriso colei che ormai da tempo non considerava più la sua Favorita e la staccò da sé, dopo una fuggevole carezza.
Jasmine li fissava da lontano.
La veste di Selima, mentre scivolava giù, sempre aggrappata alle spalle del giovane, si sollevò fin sopra le ginocchia,  quasi a metà coscia, mettendone in mostra la sfacciata opulenza; il giovane ebbe un sorriso, nel posarvi lo sguardo, ma non indugiò. La scostò da sé, poi attraversò lo steccato per raggiungere Jasmine, che aveva dato loro le spalle.
“Vieni, mio tesoro. – disse quando le fu vicino -  Sembra che Koal voglia invitarti ad una bella galoppata.   -  quasi le stesse parole di Selima - Anch'io, però, ho un invito per te."  continuò, passandole un braccio intorno alla vita e sostenendola,  affinché non incespicasse nel   suolo   di sabbia e ciottoli.
Si allontanarono, Rashid e Jasmine, seguiti dallo sguardo di Selima carico di rancore e  lui la guidò verso il cancello di tavole inchiodate, che con premura le tenne aperto nell' aiutarla ad oltrepassarlo.
Jasmine, però, si fermò;  tese la mano verso una di quelle tavole e vi si attaccò  saldamente. Anche Rashid si fermò; girò il capo, si chinò su di lei.
“Dove mi porti?”  domandò Jasmine, sollevando  su di lui uno sguardo un po' stupito, ma anche sgomento: Rashid non l'aveva sfiorata nemmeno con una carezza.
Il giovane ebbe un sorriso.
“Dove mi porti?” Jasmine ripeté la domanda, poi lasciò andare i lembi del velo, che le cadde sulle spalle, mostrando lo splendore perlaceo del volto.
"Non lontano. -  rispose semplicemente lui, indicando un crostone dei brevi   monti   calcarei che profilavano Sahab, a nord-ovest - Non lontano. "

Oltrepassata la staccionata,  la prese per  la   vita e la issò in sella a Daysi, poi montò dietro di lei e  lanciò il  cavallo  al galoppo in quella direzione.
La cavalcata durò poco; raggiunte le pendici dei monti, Rashid fermò il cavallo, smontò  ed aiutò Jasmine, che fece l'atto di prendere la parola.
"Dobbiamo solo aspettare." la prevenne lui, tuffando lo sguardo nella magia di quello di lei, verde e scintillante, in cui brillava la fiamma d'amore che lui aveva acceso.
Gli occhi di Rashid, profondi ed irrequeti, da uccello predatore, la fissavano con passione impetuosa  e desiderio furiosamente controllato; un silenzio carico di eccitazione trattenuta era calato su di loro, immobili e ammutoliti, come in attesa di qualcosa.
Proprio quando lei si scosse, sempre più sgomenta di quell'insolito  silenzio, ecco due aquile comparire nel cielo in un volteggiare potente e maestoso. Un maschio e una femmina.
"Aquile! Signore del cielo! - esclamò Rashid - Guarda, Jasmine, con quanta sublime grazia e maestà volano nel cielo."
Con occhi sgranati seguirono il maschio che si alzava più in alto per poi lanciarsi in picchiata verso la femmina, quasi per attaccarla; videro quella compiere un largo volo in rovesciata, ma con gli artigli rivolti verso l'alto.
"Precipiterà... - si sgomentò Jasmine - Si sfracellerà sulle rocce."
 "No, tesoro mio! - Rashid sorrise e l'attirò a sé - E'  la Danza delle aquile. E' il  rituale di accoppiamento." spiegò, chinandosi a deporle un bacio sui capelli.
Tornarono a guardare verso l'alto con il cuore in gola e lo stupore negli occhi.
Il maschio aveva raggiunto la femmina; i suoi artigli cercarono quelli della compagna e  si intrecciarono con essi.  Qualcosa di prodigioso accadde a questo punto: così legate, le due aquile si lasciarono precipitare giù. Lentamente. Dolcemente... Vorticosamente. Girando su se stesse.
"Precipiteranno..." tornò ad angosciarsi Jasmine.
Non precipitarono. A pochi metri dalla protuberanza rocciosa, le due aquile si staccarono l'una dall'altra, ebbero un'impennata e tornarono verso l'alto.
Ripeterono la straordinaria evoluzione quattro o cinque volte ancora, poi si allontanarono e scomparvero nel cielo.
"Quando il rito sarà completato e l'accoppiamento avvenuto, quelle due aquile non si separeranno fino alla morte." disse Rashid, mentre la sua mano grande, forte, protettiva e possessiva cercava quelle di lei, poi si chinò sulla bocca che trovò, per la prima volta, pronta a ricevere la sua e si saziò di baci;  si sciolsero, infine,  dall'abbraccio e voltarono  le spalle ai monti. Rashid  sollevò Jasmine in sella e montò dietro di lei.
"Sono commossa!" Jasmine posò la testa sulla  spalla di lui e si  abbandonò nelle sue braccia,  assecondando i movimenti del cavallo e offrendo il bel volto al vento che le colorì e tonificò le guance; lui le sfiorò la nuca con le labbra.
(continua)

brano tratto d  DUNE ROSSE - Fiamme sul deserto" 
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giovedì 8 gennaio 2015

Concetti e Preconcetti sull'uso del velo islamico






 Concetti e preconcetti sull'uso del velo islamico

Innanzi tutto esistono diverse tipologie di veli usati dalle donne islamiche che riflettono la tradizione delle diverse regioni  e non sempre sono legati a precetti religiosi.  Nomi diversi per indicare i diversi usi e funzioni:

- Hijab:  si tratta del foulard che copre solamente il capo, lasciando scoperto il volto. E' il meno mortificante  ed é anche quello più in uso presso le donne musulmane sia nei paesi occidentali che in quelli islamici  più moderati.
Solitamente viene associato ad un abito ampio e lungo.
Possiamo dire che é il corrispondente al femminile del Mindil o della Keffiew maschile, trattenuta sul capo da un cordone. (portare il capo coperto non é prerogativa femminile)

- Chador:  si tratta di  un semplice fazzoletto che ricopre solamente il capo, ma può essere anche un  mantello che nasconde tutto il corpo, generalmente di colore nero. E' in uso soprattutto in Iran.

- Niqab: è un velo che copre il volto, lasciando scoperti solamente gli occhi. E' in uso soprattutto  in Arabia Saudita e nello Yemen.

- Abaya:  è un velo leggero che, però, ricopre interamente la figura, da capo a piedi, mortificandone la femminilità. E' in uso soprattutto nel Golfo Persico.

-   Haik:   Questo tipo di velo, in cotone, copre dalla testa ai piedi la figura femminile;  le donne più anziane lo usano anche per coprirsi il volto, tenendo uniti i due lembi con i denti.  E' in uso soprattutto nei Paesi del Nord Africa, come Tunisia, Marocco, Algeria, ecc...

- Burka:  é quello che maggiormente penalizza la figura femminile, perché la nasconde completamente, cancellandone anche l'identità. Generalmente é di colore azzurro ed é comune in Afganistan, ma ve ne sono anche di colore scuro in altre regioni.

E' inevitabile che la vista di una donna nascosta, segregata, castigata in un tale abbigliamento possa far nascere pregiudizi nella cultura occidentale, più libera e tollerante.
La  concezione di una donna sottomessa, nel mondo islamico, costretta a coprirsi interamente é evidente ed innegabile, ma é una realtà assai variegata, come si é visto dalle varie fogge di veli in uso nei vari Paesi. Non in tutti, ma  in molti  di questi Paesi,  purtroppo,  esiste una  grande disparità tra la condizione maschile e quella femminile,  il cui simbolo, si ritiene, sia proprio il velo: velo come simbolo di sottomissione della donna all'uomo.

E' proprio da qui, però, che nasce il pregiudizio occidentale su quello che si ritiene solamente un "simbolo" di sottomissione.
In realtà, per la donna islamica l'uso del velo può risultare addirittura liberatorio, poiché alla donna islamica, prima che la "segregazione" del proprio corpo e spesso del volto, sono stati negati molti diritti e molte libertà: l'apparire in pubblico da sole é uno di questi. Ed ecco che, quello che per la cultura occidentale é una forma di segregazione, per la donna islamica diventa invece una forma di "liberazione":  "protetta" dal velo, la donna islamica può rivolgere pubblicamente la parola ad un uomo, stringere rapporti d'amicizia, lavorare, studiare ecc...  tutti diritti che le sono stati negati.
 E questo fa, la donna islamica. Utilizza il velo per appropriarsi  delle libertà negate, che sono tante.

Per la cultura occidentale tutto ciò appare inconcepibile, ma solo perché la donna europea ed occidentale ha già condotto le sue battaglie (anche se non le ha propriamente vinte) per l'emancipazione e l'uguaglianza.

Per la donna araba, anche per quella  che ogni giorno combatte per la propria emancipazione, il velo non rappresenta, dunque,  uno strumento  ideologico o un simbolo di sottomissione all'uomo, ma un rispetto della tradizione e perfino un mezzo di riscatto.
E'  quasi sempre una convinzione personale  e, in quanto tale,  ha il pieno diritto di scegliere se indossarlo oppure no... solo se le venisse imposto contro la propria volontà, sarebbe una costrizione condannabile.  Soltanto là dove questo accade... e accade, purtroppo... l'uso del velo é da considerarsi una pratica restrittiva.
Le vere restrizioni, però, sono altre: la negazione all'istruzione, al lavoro, ecc... perfino quella di guidare un'auto... Quando la donna islamica avrà conquistato i diritti che le vengono negati, forse la vedremo a capo scoperto... o forse, no!... No, se é una sua scelta.

MUTA'A... matrimonio a scadenza oppure... l'amante legalizzata?






E' noto quanto importante e talvolta perfino ossessivo sia il senso del pudore nel mondo islamico.
L'Islam, però, non é contrario al piacere del sesso. Arriva perfino ad esaltarlo: é un dono divino e come tale va coltivato e rispettato, afferma il Corano.   Significa  che va praticato, ma soltanto entro il "lecito consentito" e il  lecito consentito viene stabilito dalla shari'a, ossia dalla Legge Coranica.    E   la schari'a  stabilisce che  tale "lecito",  sono i  confini  del matrimonio. Al di fuori dell'istituzione del matrimonio, infatti,  quel "dono divino"  é il più esecrabile dei peccati: é adulterio.
Tutti virtuosi, dunque, gli uomini di fede islamica? Non proprio!
Come conservare la "virtù" ed assecondare i propri appetiti sessuali al di fuori del matrimonio legale?
Semplice: in passato lo si faceva attraverso l'istituto della poligamia, del concubinato, dell'harem (istituzioni pulsanti di vita davvero fino a pochissimo tempo fa)... e non ultima la "Muta'a sessuale", che letteralmente potremmo tradurre:  nozze di piacere a scadenza fissata.

Si tratta di un contratto matrimoniale "a tempo determinato" che vede come attori un uomo (quasi sempre sposato) ed una donna (assolutamente nubile)... e questo la dice lunga già da sè ed è   un contratto matrimoniale perfettamente  legale,   che prevede  perfino il versamento di una dote e il mantenimento di eventuali figli nati dall'unione.   Si  tratta, però, di una istituzione che mortifica la donna e soddisfa, invece, le voglie sessuali dell'uomo.

In realtà, la Muta'a é una forma legalizzata di adulterio (farsi l'amante, diremmo noi occidentali) che mette l'amante al riparo dalla fustigazione: questa é la punizione per una donna riconosciuta adultera, anche quando l'adultero é l'uomo. Ma é anche una forma nascosta e subdola, ma perfettamente legale,   di prostituzione, la quale altro non é  che  prestazione a pagamento della propria sessualità.
Qual é la posizione della donna in questo contesto?
E' considerata donna di serie B e non gode di alcuna delle tutele della donna regolarmente sposata.

La Muta'a, però, non gode del favore di tutta la gente di fede islamica: ha i suoi detrattori ed i suoi sostenitori. E  così, se la corrente islamica degli sciiti ne fanno largo ricorso, quella più puritana ed inflessibile dei Sunniti la osteggia apertamente ritenendola pratica immorale ed illecita..

Esiste, però, un altro tipo di Muta'a: quella che esclude il sesso.
Per gli occidentali si tratta di un'usanza non meno   incomprensibile   dell'altra, ma ad una approfondita riflessione si scopre che, in fondo, anche in Occidente é assai in uso.
Di che cosa si tratta?
Si tratta della figura dell'"accompagnatrice" ( e ricorda un po' anche la geisha giapponese).
Questo tipo di Muta'a permette all'uomo di frequentare una donna e godere semplicemente della sua compagnia, ma anche ad un fidanzato di conoscere (prima del matrimonio) la donna scelta per lui.
A patto, naturalmente, di tener il sesso  fuori del  "gioco".








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