DUNE ROSSE

DUNE  ROSSE

DUNE ROSSE


Saga appassionante e coinvolgente composta da quattro volumi

DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda
DUNE ROSSE - Fiamme sul Deserto
DUNE ROSSE - Nella tana del cobra
DUNE ROSSE - L'Avvoltoio lasciò il nido (prossimamente)

sabato 17 gennaio 2015

I PRIGIONIERI di SALWALAH





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Salwah sorgeva su una di quelle collinette, circondata da palmizi e brevi mura merlate che proteggevano case e minareti affacciati su una verde distesa erbosa.
Ibrahim tese la mano proprio in quella direzione.
“E’ laggiù che troveremo Hamed e gli altri prigionieri. – disse, poi aggiunse – Poco più di una dozzina, ci hanno informati.”
Lo spettacolo cui poco più tardi i due amici si imbatterono, proprio all’uscita della cittadina, era davvero lugubre e sinistro: la fila dei condannati delle prigioni di Salwah.
La scortavano due guardie armate di fucili, pugnali  e frusta, che ogni tanto facevano schioccare minacciosamente. I prigionieri, una teoria di indumenti disuguali e laceri, erano a piedi nudi e le caviglie erano imprigionate in due cerchi di ferro assicurati ad un’asta che rendeva lenta e assai penosa l’avanzata. A rallentare la marcia, però, era anche la lunga catena che legava l’uno all’altro quegli infelici,  attraverso quadrati collari di ferro così pesanti da provocare cicatrici ed arrossamenti a collo e spalle. Se anche fosse venuta loro qualche tentazione di fuga, quell’inumana tortura avrebbe spento ogni intenzione e speranza.
Suo malgrado, pur avvezzo ad ogni genere di brutture, il lord ebbe un brivido che gli attraversò la schiena; Ibrahim, al suo fianco, trattenne un’imprecazione.
I due si accostarono al ciglio della strada e fermarono i cavalli;  la colonna dei condannati si trascinò, passando davanti a loro. Qualcuno sollevò lo sguardo, torvo e rassegnato; altri sguardi, però, scintillavano di una luce rabbiosa e ribelle.
“Quello è Hamed. – proferì  Ibrahim con un cenno del capo, indicando l’ultimo prigioniero legato a quella catena – Devo farmi riconoscere e dirgli di tenersi pronto.” e balzò giù di sella, muovendo un passo in avanti.
“Aspetta! – lo fermò il compagno – Ho già provveduto a cosa fare. - spiegò smontando anch’egli – Non è la carità del buon musulmano a nutrire questi disgraziati? Ho portato del pane da far distribuire. Potremo avvicinarci senza destar sospetti.”
Così fecero. Presero del pane dalle bisacce poggiate sulle groppe  di uno dei muli del seguito e si fecero avanti per la distribuzione. Pane fresco e profumato che svegliò anche l’appetito degli uomini di scorta i quali si avvicinarono per controllare; Ibrahim aveva raggiunto il cugino e gli stava porgendo una grossa forma di pane confabulando con lui sottovoce.
Le mani si tesero, grandi e piccole, rugose e giovanili; di vecchi, giovani e perfino adolescenti e gli sguardi si accesero nelle orbite illividite; risveglio di espressioni sulle facce inebetite da maltrattamenti, vergogna e rassegnazione.
D’improvviso il fragore di zoccoli sul selciato irruppe su quella teoria di miseria e  disperazione e un gruppo di cavalieri lanciati al galoppo arrivò tra uno svolazzare di mantelli e gualdrappe colorate.  Arrivò con i fucili in mano, branditi in alto sulle teste e appena caricati  al galoppo. Come solo loro sapevano fare: gli uomini della tribù dei Kinda.
Di colpo si fermarono. Tutti insieme. Di fianco alla colonna dei prigionieri. Terribili e minacciosi, mentre i cavalli si irrigidivano, puntando i garretti e spalancando  froge e bocche tirate dal morso.

Mentre Rashid ed Ibrahim correvano su e giù lungo la colonna, gli altri liberarono i prigionieri dalla catena, poi li presero in groppa dietro di loro e così come  erano giunti, fulminei e turbolenti, si allontanarono.

Sir Richard ed Ibrahim  li seguirono subito dopo, a loro volta inseguiti dagli sguardi allibiti degli uomini della scorta che, nel pragmatico fatalismo tutto arabo, accettarono di buon grado la legge del più forte.
(continua)
brano tratto da:   "DUNE ROSSE  -  Fiamme sul deserto"

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