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Il giorno
atteso, alfine, giunse: Il giorno della Sposa,
che ebbe inizio con le prime luci dell'alba. Le donne della tribù erano tutte
con lei nel piano terra della residenza che il lord inglese aveva scelto per sé
nel Fortino diroccato, ad est dell’oasi.
Indossavano
tutte gli abiti più belli e i gioielli più luccicanti e preziosi e le più
giovani avevano portato alud e tandir, sulle cui note altre
giovanissime si muovevano con grazia e un pizzico di malizia. Jasmine comparve
avvolta in un ampio mantello bianco e tutte le corsero incontro, la
circondarono, l'abbracciarono, la baciarono e poi tornarono ai loro posti a
cantare, suonare, danzare e consumare pasticcini e datteri, accompagnando la
dolce abbuffata con succhi di frutta e di melone che Alina continuava a portare
in splendide caraffe d'argento disposte su grossi vassoi.
Accanto alla
sposa erano rimaste solamente in tre e la liberarono subito del mantello poi la
fecero sedere su uno sgabello e l’aiutarono a liberarsi degli abiti e lei
sbocciò in tutta la sua bellezza, come un fiore di primavera.
"Bene,
principessa Jasmine!... Bene!" approvò la più anziana di loro,
sciogliendole i lunghi capelli scuri e ricci, mentre bisbigli di ammirazione
l’avvolgevano come in un manto profumato d’affetto.
Jasmine si
sottopose di buon grado a quel rito, anche se un lieve rossore era venuto a
coprirle il volto, nel tentativo di sottrarsi agli sguardi indulgenti e
divertiti delle donne.
"Sei
bellissima! - le dicevano - I tuoi fianchi sono morbidi e tondi, le gambe
sono slanciate e perfette e i seni... oh, i seni sono generosi e di bella
forma...”
“Faranno la
gioia e la delizia del nostro rais... ah.ah..." sorridevano affettuose.
“Da grande
voglio diventare bella come la principessa Jasmine.” esclamò entusiasta Agar,
l’ultimogenita di Alina, accarezzando il mantello della sposa che aveva avuto
in cura.
“La nostra
bella Jasmine avrebbe dovuto acquistare ancora qualche chilo... forse… – si
girarono tutte in direzione dell’uscio su cui era apparsa Selima – E tu,
piccola Agar, dovresti fare lo stesso… fra qualche anno…” aggiunse avanzando
dondolando in tutta la sua pinguedine, colei che era stata la Favorita del
rais.
Letizia,
seduta su un cuscino ai piedi della sposa, smise di suonare e fece convergere
uno sguardo di disapprovazione sul faccione della ragazza.
“La piccola
Agar non è la sola che vorrebbe assomigliare alla cara Jasmine…” disse.
Jasmine
arrossì e non rispose. Appariva assorta e
pensierosa mentre la lama del rasoio scivolava leggera sul corpo unto
d'olio profumato. Dopo la depilazione seguì il massaggio, sempre tra canti e
suoni, infine la inondarono di profumi e la truccarono con l'henné: mani
e caviglie coperti da segni il cui significato, la vecchia Alina andava
spiegando con dovizia di particolari.
Le furono laccate anche le unghia di mani e piedi, poi passarono al
trucco degli occhi e delle labbra: verde malachite per far risaltare lo sguardo
e rosso carminio per rendere ancora più
sensuale le labbra carnose.
“Portate
l’abito nuziale.” disse Alina alle due figlie minori.
In verità, la
sposa avrebbe cambiato d’abito in ognuno di quei cinque giorni di festa, ma il
primo doveva essere il più ricco e sontuoso.
Bellissimo e prezioso,
il vestito da sposa della principessa Jasmine era un vero sogno. Verde come gli
straordinari occhi.
Sopra la
biancheria intima, di preziosa seta ornata di merletti, Alina le adagiò una
splendida tunica di luccicante raso, impreziosita da ricami dorati ed
applicazioni di pietre preziose; aderente sui fianchi, scivolava giù
morbidamente ampia, orlata di ricami, gli stessi delle maniche ampie ed
asimmetriche. Un’ampia cintura dorata sottolineava l’esile vita da cui il busto
sbocciava come un fiore carnoso.
Letizia e
Zaira le si avvicinarono reggendo un mantello senza maniche, anche questo di
colore verde e impreziosito dagli stessi ricami della tunica; glielo posarono
sulle spalle con gesto d’affetto e commozione.
Sui capelli,
divisi a metà e trattenuti sulla nuca, le misero un magnifico diadema cui era
legato il velo di finissimo voile.
Vaporoso e
preziosissimo per gli innumerevoli minuscoli diamanti e smeraldi di cui era
tempestato, pareva una nuvola verde dietro cui i contorni del bellissimo volto
della sposa sfocavano in un suggestivo gioco di vedo-non-vedo dai riflessi
d’oro. Oro anche per ornare polsi e dita: quasi un trasparentissimo guanto di
finissima filigrana che metteva in risalto le figure dipinte con l’henné.
Dolce e
sensuale, la musica di alud e tandir, nelle mani delle ragazze,
accompagnava ogni gesto.
Nell’allegro
brusio di risatine, gridolini ed esclamazioni, il tempo scorreva veloce,
insieme al tintinnio degli argenti delle brocche e dei vassoi: bevevano e mangiavano e qualcuna fumava il narghilè,
che diffondeva nell’aria un odore acre
e tenue, assieme a quello di tutti quei
giovani corpi profumati ed eccitati.
Finalmente la
sposa fu pronta.
(continua)brano tratto da DUNE ROSSE- Fiamme sul deserto
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