DUNE ROSSE

DUNE  ROSSE

DUNE ROSSE


Saga appassionante e coinvolgente composta da quattro volumi

DUNE ROSSE - Il Rais dei Kinda
DUNE ROSSE - Fiamme sul Deserto
DUNE ROSSE - Nella tana del cobra
DUNE ROSSE - L'Avvoltoio lasciò il nido (prossimamente)

venerdì 24 aprile 2015

RIVALI





.......................
Un taciturno disagio si creò fra lei e Jasmine.
Jasmine evitava lo sguardo della ragazza, ma rispose con un sorriso al suo sorriso di sarcastica ilarità con cui a tratti Selima cercava di colmare quel disagio. E sorrise anche nel lasciare la stuoia per allontanarsi, qualche istante più tardi, dopo i convenevoli di saluto.
Lentamente si incamminò verso la Fontana-da-Fico , ma non da sola: lo sguardo della rivale, determinato, insaccato fra due strati adiposi, la seguiva ostinato come la sua ombra, insieme al controllato risentimento. Lo sentiva, quello sguardo, pesarle  sulle spalle come una veste scomoda e poteva anche intuire i pensieri e i risentimenti di quella donna prepotente e gelosa.
Selima era per lei come un libro aperto. Dalla fatuità dei suoi discorsi e dalle “chiacchiere” delle donne, l’opinione  che s’era fatta di lei era di una  persona che  sapeva bene ciò che voleva e che una volta ottenuto l’avrebbe difeso con le unghia e i denti e quello che Selima voleva, Jasmine non aveva dubbi, era semplicemente ed irrinunciabilmente conservare intatto il privilegio di Favorita del capo faticosamente e sottilmente conquistato.
Il sorriso sfingeo, i modi consapevoli e sicuri di sé, autoritari… no! Jasmine non aveva dubbi: dovevano custodire  talenti nascosti; il profumo intenso e carnale, la bocca carnosa e ingorda e quei suoi immensi occhi scuri che parevano nascondere e custodire voluttuosi, intimi segreti… la persona piccola e sfacciatamente opulenta, fluttuante entro l’ampia veste drappeggiata e dai ricami dorati… la veste sotto cui magistralmente doveva esercitare… ne era sicura… voluttuose, segrete raffinatezze…
Ma forse, provò a convincersi, raggiunta l’ombra che il grande fico accanto alla monumentale Fontana proiettava al suolo… forse Selima appariva ai suoi occhi così temibile solo perché Rashid l’aveva amata e forse l’amava ancora…
Rashid amava Selima… il pensiero  irruppe dietro la fronte come un fulmine e vi scavò una sottilissima linea verticale. Le palpebre sbatterono più volte, con stupore quasi incredulo; lo sguardo addolorato, come accecato dal sole torrido. Come sbalordito. Non aveva mai pensato a Rashid innamorato di Selima… pronto a fare sesso con lei.
Sapeva, certo, che nella sua vita dovevano esserci altre donne: Allah gli concedeva formalmente l’amore di quattro donne e Selima era una di queste. Ma non ci aveva mai pensato prima,  il cuore e la mente occupati unicamente da quel serpentino spasimo di piacere che il solo pensare a lui le procurava.



             

Si rivide ansante e trepidante, pallida d’emozione, tra gli oleandri del giardino di Doha, ad attendere il suo ritorno... la promessa di tornare da lei… a sussultare con il cuore contratto di gioia ogni volta che sentiva pronunciare il suo nome che, pure, per breve tempo, aveva creduto quello di un nemico...  Rivide, mentre una scintilla di sorriso le aleggiava sulle labbra rosse come i petali di un fiore di melograno e  un verde balenio di smeraldi  le guizzava  negli occhi… rivide il piccolo  Amud!
Le riapparve improvvisa, nella luce accecante del giorno ormai fatto; le riapparve l’immagine del piccolo pastore nascosto entro l’enorme burnus color miele bruciato. Seduto alle spalle del vecchio capo di quella  tribù di beduini e un po’ isolato dagli altri.  Aveva scelto quel travestimento per sfuggire ad Hakam, l’uomo che voleva la sua morte e s’era trovata quasi nelle braccia di Rashid, ignaro d’averla al suo fianco, stesa sulla sua stuoia. Quanta emozione;  la gola chiusa, il respiro trattenuto, quasi provenisse dal più profondo di se stessa… dal suo grembo stretto dalle braccia contratte. Indescrivibile gioia,  la “sua”  coperta accogliente,  sotto cui si era infilata, lasciandogli credere d’essere il piccolo, taciturno, scontroso Amud  e sentire il suo respiro accanto a sé, le spalle salde e possenti contro le sue. Gioia e paura… paura di tutto e di tutti, mentre  la luna saliva veloce sopra le dune. 
Poi, l’episodio del medaglione e il piccolo Amud era tornato ad essere Jasmine e Rashid le aveva giurato amore eterno.
Ma nella vita di Rashid c’era anche Selima, perché nella vita di ogni uomo c’erano sempre altre donne. C’era Selima, la sua Favorita, capace di trattenere con la sua lussuriosa, sospirosa remissività, l’irrequieta  passionalità  del “suo” Rashid.
Lo consentiva la consuetudine. Lo consentiva Allah!

(continua)

brano tratto da "DUNE ROSSE - Fiamme sul deserto"

su  AMAZON  o direttamente presso l'autrice
mariapace2010@gmail.com                                    

GELOSIA


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Letizia fece convergere lo sguardo sulle corde dello strumento nelle mani della ragazza e sollevò il capo, lasciando vagare d'intorno lo sguardo, sulle note dolcissimamente malinconiche della musica, ma finì per naufragare in quello di Harith, scuro e penetrante, che sembrava attendere quello sguardo come un dono. 
capo, lasciando vagare d'intorno lo sguardo, sulle note dolcissimamente malinconiche della musica, ma finì per naufragare in quello di Harith, scuro e penetrante, che sembrava attendere quello sguardo come un dono.
Il giovane la fissava con intensità tale da contrarle la carne.
Letizia si sentì  attraversare da uno stato di amorosa e tormentosa eccitazione.
Si guardarono, con quell'amore, quell’attrazione potente come la forza di una tempesta di sabbia, ma lei si sottrasse subito a quel richiamo e spostò lo sguardo sulla donna seduta al suo fianco.
"E' bella! - pensava - E'  grassa e opulenta come piace a loro... agli uomini... Come piace ad Harith... "
Guardava la  rivale; fissava la sua figura fin troppo abbondante che si perdeva nell'ombra di sete e damaschi e su cui, qua e là, al lume della luna, balenavano discrete le pietre di  orecchini, collane e bracciali. E pensava, mentre la guardava, di non avere strumenti per contrastarne le segrete, sapienti insidie  amorose di cui la supponeva maestra: dietro quel velo sapientemente calato sul viso, ne era certa,  dovevano nascondersi fascini segreti e pratiche amorose capaci di conquistare un uomo.
Fascini e pratiche che lei non conosceva.
Dietro quel velo dalla sapiente trasparenza,  non poté impedirsi di pensare, che lasciava vedere l’irrompere sulla fronte di scure ciocche di capelli, si celava un volto bruno e tondo, accuratamente truccato, un po’ irregolare nel profilo, ma ambiguo,  nella sua apparente espressione fanciullesca.
Fatima era la sola donna col volto velato; tutte le altre portavano solo un velo sui capelli. Fu per questo, forse, che con un gesto di ribellione se lo lasciò scivolare sulle spalle, mettendo in mostra la luminosità dorata dei lunghi capelli biondi e attirando immediatamente su di sé tutti gli sguardi e cogliendo fuggevolmente quello di disapprovazione di Harith, che lei continuava ostinatamente a sfuggire.
E intanto,  quel  tarlo, la gelosia, correva nel sangue e nelle vene e raggiungeva il cuore, sottile e penetrante, capace di  rodere l'animo con un sol respiro.
Soffriva e la mente vacillava. Una sola cosa riusciva a pensare: appartenere a quell’uomo le era necessario e vitale più della vita stessa e non riuscì ad impedirsi di tornare a rituffare lo sguardo in quello di lui, nero e ardente, colmo di illusorie promesse. E d'improvviso, un piacere quasi folle la colse: la sensazione che anche lui soffrisse.
Dopotutto, c'era una certa "giustizia morale" nella sofferenza di lui, si disse.
Ma poi, Fatima che gli si accostava e lui che si chinava verso di lei, riaccese la sua pena. Chiuse gli occhi e si attanagliò le mani intorno alle braccia premendo con forza e provando un piacere sadico nel conficcarsi le unghia nella carne per placare la pena dello spirito.
Quasi si stupì che  qualcuno ridesse e scherzasse, proprio accanto a lei, ignaro della sua sofferenza: Jasmine protesa in avanti per dire qualcosa a Selima.
Letizia le guardò entrambe; le fissò  stupita e interdetta: le due donne di Rashid! 
Gelose! Non erano gelose l'una dell'altra? Soprattutto Selima, per le attenzioni che Rashid riservava quasi esclusivamente alla principessa Jasmine.
E Jasmine? Non era gelosa di Selima?
Gli occhi rapaci di Selima, costantemente alla ricerca di quelli di Rashid,  non accendevano in lei la gelosia?

Lei e Jasmine avevano la stessa età  e quando Harith la guardava con quello sguardo inafferrabile, all'inseguimento di pensieri audaci e proibiti che la riguardavano e la facevano arrossire, lei sentiva la carne contrarsi dal piacere e non avrebbe voluto vederlo guardare un'altra donna con quello stesso sguardo.
Rashid non aveva mai guardato Jasmine a quel modo? Non era mai balenato, nella mente di Jasmine, il pensiero che Rashid avesse guardato la sua Favorita proprio a quel modo, facendole sentire quello spasimo proibito e furtivo  nel desiderare le sue carezze? 
Lei sì! E non poteva evitarsi di pensare alle mani dolcemente brutali di Harith  mentre percorrevano  il corpo di  Fatima, così come aveva fatto con lei; alla presa intensa e dolce, tenera e predace con cui le faceva intendere che la voleva solo per sé, mentre lei non sopportava che lui potesse volere per sé anche Fatima.

I fuochi dei bivacchi, d'intorno, baluginavano; a spezzare il suo taciturno disagio arrivarono risate, voci e gridolini: un gruppo di ragazze con piatti fumanti e vassoi pieni di coppe e brocche.
Letizia si alzò e andò loro incontro. Prese dalle mani di una delle ragazze un grosso piatto di terracotta contenente del cus-cus  e  cominciò a distribuire, con gentilezza aggraziata, muovendosi agile nella tunica di seta blu-indaco.
Gridolini, bisbigli, risate, confusione e  il tintinnio delle brocche che si toccavano  e   l'allegria che aveva conquistato tutti.
Tutti meno lei. 
Cominciò a servire quelli che stavano seduti alla sua  sinistra; riempì per primo il piatto di Selima, poi passò ad Ibrahim, che con disinvoltura cominciò a frugare nel piatto, lasciandovi, però, i pezzi migliori.
Era la volta di Fatima, che sporse verso di lei la piccola mano grassoccia per afferrare dal vassoio e portarlo nel proprio piatto una polputa coscia d'anatra; la ragazza sollevò su di   lei lo sguardo e le sorrise.
Letizia rispose al sorriso e mentre si rialzava sul busto e  distrattamente lanciava un'occhiata sulla sinistra,  il vassoio, semivuoto, le tremò in mano, tanto che dovette sorreggerlo con entrambe:  la mano di Fatima e quella di Ibrahim erano teneramente intrecciate.
Letizia impietrì e il senso di ingiustizia morale fece emergere dai meandri più profondi del suo intimo quel sentimento di  velato rancore  che, una volta innescato, é impossibile da dominare: Harith la preferiva ad una donna che lo tradiva con un altro uomo.
(continua)

brano tratto da:  "DUNE ROSSE - Fiamme sul deserto" volume II°  di Maria Pace
su AMAZON
oppure direttamente AUTOGRAFATO  presso l'autrice
mariapace2010@gmail.com 

mercoledì 15 aprile 2015

LETIZIA




Vicino alla Fontana del Fico, quasi al limitare del campo, trovarono il giovane con cui Harith poco prima aveva scambiato qualche parola. Reggeva le briglie di uno splendido cavallo bianco, che tese al suo sceicco prima di allontanarsi.
"Ecco, piccola Letizia. - Harith la inondò di uno sguardo unico e particolare,  quello da cui la scintilla del desiderio sprigiona già al primo incontro... al primo incrociarsi di sguardi. - Il tuo sogno!...  Il principe delle favole, senza macchia né paura, che col suo cavallo  bianco ti rapisce e ti conduce in un luogo incantato!...E' il tuo sogno, hai detto...  Io ho qualche macchia, ma non ho paura e sono qui per realizzare il tuo sogno e condurti in quel  luogo incantato!"
"Oh! - proruppe lei, colta di sorpresa, mentre un lieve rossore le scivolava lungo le guance rilucenti del riflesso del primo sole del mattino - Io non so che dire..."
Lui la guardava incantato.
"Posso aiutarti a montare?" domandò.
Lei fece un cenno affermativo del capo; aspettava  il fuggevole attimo in cui si sarebbe consumato il contatto dei loro corpi... Era preparata ad emozioni e turbamenti, eppure, per   la seconda volta, si lasciò cogliere dalla sorpresa: non s'aspettava  quell'eccitazione, quel vellutato piacere, quando lui le cinse la vita con entrambe le mani e nel sollevarla la tenne così vicino a sé da confondere sguardi e respiri; non s'aspettava la indicibile eccitazione prodotta dal seno serrato e palpitante contro il petto di lui mentre la portava sù, prima di deporla sulla sella.
Per un attimo lei lo guardò dall'alto poi, con un balzo, lui le montò alle spalle e insinuò le braccia sotto le sue braccia, intorno al busto, per attirarla a sé e lei si trovò seduta con le ginocchia sul collo dell'animale e con le gambe sulle ginocchia di lui. Trattenne il respiro, sotto l'empito di  una violenta emozione, rigida e tesa, nelle braccia di lui che  con una mano la sosteneva per  la vita e con l'altra reggeva le briglie. E fu allora, quando lo sguardo cadde sulle sue mani, che si accorse della ferita ricucita e ancora fresca tra il polso e il dorso della mano sinistra di lui.
"Ti sei procurato questa ferita battendoti con sir  Richard per me, sceicco?" domandò.
"Chiamami Harith, piccola Letizia… Sì! - assentì lui con un sorriso - Te l'ho detto, dolce gazzella, sono pronto ad affrontare un'intera tribù per i tuoi occhi azzurri."
Lei girò il capo per guardarlo in volto; le guance, poi le labbra si sfiorarono.... pochi secondi.
Letizia ammutolì...  e non solo per l'emozione, ma  anche per lo stupore: si aspettava che Harith la baciasse e la stringesse forte, ma lui non lo fece, nonostante negli occhi gli brillasse quella luce irrequieta con cui nessuno l'aveva mai guardata prima.  Gliene fu grata e ne fu delusa al contempo, ma quel vago timore che per giorni non l'aveva abbandonata l’afferrò quasi di sorpresa.
"Sir Richard si è battuto per mia sorella. – disse, cercando di rendere la voce il più incolore possibile - Adesso   Atena è una donna libera che può decidere della propria vita come ha sempre fatto, ma... ma io, Harith? - una lieve incrinazione nella voce, che proprio non riuscì ad impedirsi di avere - Cosa sono io? Quale sarà il mio destino?"
"Oh, Letizia! Luce degli Occhi Miei! - proruppe lui,  fermando il cavallo e lasciando andare le redini sul collo dell'animale - Non hai ancora capito che non è il tuo destino ad essere nelle mie mani,  ma è il mio destino ad essere nelle tue?" le mormorò sulla bocca, poi l'avvolse in un abbraccio, le gambe avvinte alle sue, in un spasmodico intreccio di braccia, mani, bocche.   Il seno di lei palpitava contro il torace di lui tambureggiante.
Harith appoggiò la guancia a quella di lei, s'inabissò nel fulgore azzurro dei  suoi occhi e le liberò il capo dal velo; lei lo lasciò fare.
                   
Inebriato, lui le tirò indietro la massa setosa e bionda dei lunghi capelli e la baciò; prima sulla fronte, poi sugli occhi e sulla guancia, per tornare ancora alle palpebre, che lei aveva abbassato,  ma  che lo facevano impazzire per il tesoro che vi nascondevano. Finalmente si fermò sulle labbra.  Lei fremeva e in lui il desiderio premeva, durissimo, come un fiore che spinge per aprirsi. Nelle labbra di lei semiaperte vi trovò sapore di latte e miele; lo stesso che era nella sua bocca. Pago, ma non sazio, passò alla gola e al collo ed a quella tenera curva, proprio fra gola e collo, irresistibile richiamo dei sensi eccitatissimi.
Per qualche attimo lei restò immobile a ricevere amore, intimorita dall'audacia  di lui ma anche timorosa che smettesse; la bocca di lui continuava a cercarla, insieme alle mani ed a percorrerla con grande delicatezza. Poi, egli  le prese una mano, che  portò su di sé. Prima timidamente e timorosamente, poi con più sicurezza, lei si lasciò guidare nella scoperta del corpo di lui... ricerca e scoperta eccitante, terrificantemente meravigliosa. Continuò a "cercarlo" ed a scoprire la sua diversità e lui le lasciò la mano... libera di esplorare da sola.
Tornò da lei. Cominciò sbottonandole la veste di seta aperta sul davanti; uno per uno, i numerosi  bottoncini si arresero sotto le dita eccitate. Il corpetto della veste, aperto, scivolò sulla spalla sinistra, mostrando il tesoro nascosto. Si chinò per saziarsi di baci e inebriarsi del profumo di quella pelle bianca e morbida; le abbassò le bretelle che reggevano il seno, ma lei lo trattenne.
"No!”
Un monosillabo, ma riuscì a fermare il grande predone.
(continua)

brano tratto da .  "DUNE ROSSE -Il Rais dei Kinda

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