
 Il cavallo di Jasmine correva veloce sulla sabbia che sollevandosi 
lasciava filtrare la luce sanguigna del tramonto creando un alone che 
chiudeva il cavallo e la ragazza come in una visione fantastica.
Tesa in avanti, i capelli al vento, le mani aggrappate alla criniera, 
per un pezzo la principessa mantenne tra sé e il suo inseguitore una 
certa distanza.
"Allah, non gettarmi  nelle mani dei miei nemici." andava  invocando incitando il cavallo, china sul collo dell’animale.
Non  si voltava mai indietro,forse per non vedere lo spazio che il suo 
inseguitore stava guadagnando rapidamente. Sentiva, però, il respiro 
ansante di Dahis, il cavallo di Raschid, farsi sempre più vicino. Anche 
Rashid incitava Dahis:
"Avanti, Dahis, ancora uno sforzo!”  lo spronava.
Ancora tre metri lo separavano da lei.
“Coraggio, Dahis… uno sforzo ancora…”
Due metri.
“Allah Misericordioso… proteggimi tu…”
Rashid udì l’angoscia infinita di quella voce tanto adorata trasferirsi in lui…
“Fermati, Jasmine… fermati… “ invocò ancora e la voce di lei lo ferì ancora:
“… Oh Allah di misericordia… non gettarmi nelle mani dei miei nemici…” 
la udì implorare e l’ultimo brandello di raziocinio lo abbandonò e lo 
fece sprofondare in un lucido delirio:
“Coraggio, Dahis… amico mio fedele… Andiamo incontro alla felicità o 
all'annientamento. Seguiamo questo miraggio che ci sprofonderà negli 
abissi o ci condurrà verso la gioia...Io sono pazzo...ma ben venga la 
follia se porta con sé la felicità"
Raggiunse la ragazza e tese le braccia.
"Fermati.- implorò - Chiunque tu sia, ombra o creatura umana. Fermati, ti prego."
E poiché lei non arrestava la sua corsa e poiché lei lo guardava con 
occhi pieni di terrore ed orrore, Rashid  cercò di fermare il cavallo di
 lei senza briglie. Ma inutilmente. Allora si erse sul busto, puntò un 
ginocchio sulla groppa nuda di Dahis e con un colpo di reni balzò sulla 
groppa dall'altro cavallo. Una violenta emozione lo prese quando sentì 
il corpo di lei fra le  braccia:
"Dunque, sei viva? – mormorò con voce strozzata - Non sei un miraggio 
evocato dalla mia mente tormentata. Allah ha aperto la tua tomba e 
squarciato la terra sotto la quale io stesso ti ho sepolta."  Piangeva e
 rideva, sommerso da una felicità che procurava dolore fisico, ma lei 
gemeva, stretta in quell’abbraccio spasmodico e lui allentò la stretta.
"Sono perduta! Sono perduta!" bisbigliava lei guardandolo con occhi che gli penetravano l’animo.
"Ma perché dici questo, dolce amore mio?" anche il grande predone gemeva.
Lei non rispose, lui fermò il cavallo e balzò a terra, aiutando lei  a fare altrettanto.
"Sono perduta! Sono perduta!" continuava a ripetere Jasmine.
"Tu hai paura di me?- domandò il giovane dolorosamente stupito, 
accarezzandole i capelli con gesto tenero.-  Non puoi aver paura di me, 
mio bene infinito... Non puoi aver paura proprio di me che ho destato la
 pietà di Allah fino ad indurlo ad aprire il sepolcro entro cui io 
stesso ho seppellito il tuo corpo."
"Non ero io  l'infelice che tu hai sepolto." lo sorprese la voce di lei infine.
"Ma io... io ho scavato la tua tomba...Io… - Rashid sollevò le mani, 
con gesto di immenso dolore impresso sul volto come una stigmate – Io… 
con queste mani."
Lei scosse il capo.
"Era un'altra infelice, quella che tu hai seppellito. Ma tu...tu perché mi perseguiti?   Vuoi consegnarmi ai miei nemici?"
"Io consegnarti ai tuoi nemici? Oh, Jasmine! Io ho messo a ferro e 
fuoco i tuoi nemici credendo di vendicare la tua morte. Come puoi 
pensare questo?"
"Intorno a me c'è solo inganno." rispose lei con profonda amarezza nella voce.
"Lo so. Lo so che il sultano di Doha ha venduto la sua pupilla per un 
pugno di gemme." proruppe il giovane avvolgendola con uno sguardo che 
era un carezza.
"Come posso fidarmi dei nemici se anche gli amici mi hanno ingannata? –
 cominciò a piangere lei… piano, sommessamente, senza singhiozzi - Come 
posso fidarmi di te che hai procurato danno e morte alla mia gente?"
"La tua gente? Quale terribile segreto mi nascondi, Jasmine? Chi sei? Perchè dici questo?"
"Io sono la figlia primogenita dello sceicco di Haradh."
"Kaleb ab Abin? – stupì vivamente  Rashidil – Sei la figlia di quel 
valoroso che perse la vita per l'autonomia della sua tribù? Chi mi 
incolpa di quel crimine?" domandò.
"Sayed Alì." rispose la principessa.
"Lui! - proruppe il rais -  Lo immaginavo! No, piccola dolce colomba, 
io ti giuro su ciò che mi è più sacro al mondo, che sono estraneo a 
quelle scelleratezze.  - spiegò dopo una pausa riempita da sguardi 
sempre più teneri - Io  conosco i responsabili di quei crimini… Oh, se 
li conosco!”
“Davvero? - stupì lei, guardandolo con occhi colmi di speranza -  Chi… Chi è stato?”
Jasmine smise di piangere; cercò un fazzolettino per detergersi le 
lacrime, ma nell’abito maschile in cui era infagottata non ve n’era ed 
allora Rashid, con gesto di infinita, delicata tenerezza, tese una mano e
 le asciugò con il suo indice, che poi si portò alle labbra; negli occhi
 della principessa passò un lampo che per Rashid riuscì perfino ad 
appannare la luce abbagliante del sole.
“Abud Aziz! E' stato Abud Azid, lo sceicco dei Bakr, a sterminare la 
tua gente, mio bene infinito!...  Egli mirava  ad   assicurarsi il 
controllo delle piste carovaniere e Sayed Alì lo ha sostenuto 
nell'impresa."
"Sayed era amico di mio padre. – di nuovo due lacrime spuntarono nei 
begli occhi di smeraldo della principessa Jasmine -  Avrebbe ingannato 
il suo migliore amico e poi venduto la figlia di lui?... Oh! E'  
orribile! Ma perché?... Perché lo avrebbe fatto?"
"Per ambizione e sete di potere!"  spiegò il giovane.
"Oh, Rashid. Sayed dice di te che..."
"So quello che Sayed dice del suo nemico.- la interruppe lui - La paura
 rende tenace il rancore! Sayed ha paura del rais dei Kinda perché sa 
che deve rendergli conto, un giorno, delle proprie infamie e quel giorno
 è arrivato. Dovrà pagare per quello che ha fatto alla tua gente ed 
anche alla mia famiglia."
"Non capisco."
"Tutti mi conoscono come Rashid, rais dei Kinda ed hanno intessuto 
intorno a questo nome favole e leggende  che dalla realtà sono assai 
lontano, ma… il mio nome è un altro.. – Jasmine ascoltava con profondo 
stupore -  Nessuno sa che il mio nome è Rashid bin Hammad. Io sono il 
figlio naturale del deposto sultano di Doha che Sayed con l'inganno e il
 favore di Paesi stranieri ha spodestato ed ucciso con la famiglia."
"Oh!..." fu il solo commento della principessa.
"In questo tempo di lotte fratricide che insanguinano le nostre terre 
da lontane generazioni, non è stato difficile a quell’avvoltoio...  a 
Sayed Alì,  deporre il legittimo Sultano… - una pausa, per dare tempo 
alla collera che il solo nome di Sayed procurava al suo cuore, poi il 
grande predone riprese -  I tempi, ora, sono maturi per nuovi eventi e 
presto sul trono di Doha tornerà a sedere Tamin bin Hammad,  il 
legittimo sultano... Ma di lui ti parlerò in un altro momento, mia 
diletta, ora occorre che si vada a rassicurare gli amici che tu sei viva
 e reale e non un'apparizione evocata dal mio dolore. Vieni. Andiamo da 
loro o  crederanno che..."    (continua)
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