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Letizia fece convergere lo sguardo
sulle corde dello strumento nelle mani della ragazza e sollevò il capo,
lasciando vagare d'intorno lo sguardo, sulle note dolcissimamente malinconiche
della musica, ma finì per naufragare in quello di Harith, scuro e penetrante,
che sembrava attendere quello sguardo come un dono.
capo,
lasciando vagare d'intorno lo sguardo, sulle note dolcissimamente malinconiche
della musica, ma finì per naufragare in quello di Harith, scuro e penetrante,
che sembrava attendere quello sguardo come un dono.
Il
giovane la fissava con intensità tale da contrarle la carne.
Letizia
si sentì attraversare da uno stato di
amorosa e tormentosa eccitazione.
Si
guardarono, con quell'amore, quell’attrazione potente come la forza di una
tempesta di sabbia, ma lei si sottrasse subito a quel richiamo e spostò lo
sguardo sulla donna seduta al suo fianco.
"E'
bella! - pensava - E' grassa e opulenta come piace a loro... agli
uomini... Come piace ad Harith... "
Guardava
la rivale; fissava la sua figura fin troppo abbondante che si perdeva
nell'ombra di sete e damaschi e su cui, qua e là, al lume della luna,
balenavano discrete le pietre di orecchini, collane e bracciali. E
pensava, mentre la guardava, di non avere strumenti per contrastarne le segrete,
sapienti insidie amorose di cui la supponeva maestra: dietro quel
velo sapientemente calato sul viso, ne era certa, dovevano nascondersi
fascini segreti e pratiche amorose capaci di conquistare un uomo.
Fascini
e pratiche che lei non conosceva.
Dietro
quel velo dalla sapiente trasparenza,
non poté impedirsi di pensare, che lasciava vedere l’irrompere sulla
fronte di scure ciocche di capelli, si celava un volto bruno e tondo,
accuratamente truccato, un po’ irregolare nel profilo, ma ambiguo, nella sua apparente espressione
fanciullesca.
Fatima
era la sola donna col volto velato; tutte le altre portavano solo un velo sui
capelli. Fu per questo, forse, che con un gesto di ribellione se lo lasciò
scivolare sulle spalle, mettendo in mostra la luminosità dorata dei lunghi
capelli biondi e attirando immediatamente su di sé tutti gli sguardi e
cogliendo fuggevolmente quello di disapprovazione di Harith, che lei continuava
ostinatamente a sfuggire.
E
intanto, quel tarlo, la gelosia, correva nel sangue e nelle vene e
raggiungeva il cuore, sottile e penetrante, capace di rodere l'animo con
un sol respiro.
Soffriva
e la mente vacillava. Una sola cosa riusciva a pensare: appartenere a
quell’uomo le era necessario e vitale più della vita stessa e non riuscì ad impedirsi
di tornare a rituffare lo sguardo in quello di lui, nero e ardente, colmo di
illusorie promesse. E d'improvviso, un piacere quasi folle la colse: la
sensazione che anche lui soffrisse.
Dopotutto,
c'era una certa "giustizia morale" nella sofferenza di lui, si disse.
Ma
poi, Fatima che gli si accostava e lui che si chinava verso di lei, riaccese la
sua pena. Chiuse gli occhi e si attanagliò le mani intorno alle braccia
premendo con forza e provando un piacere sadico nel conficcarsi le unghia nella
carne per placare la pena dello spirito.
Quasi
si stupì che qualcuno ridesse e scherzasse, proprio accanto a lei, ignaro
della sua sofferenza: Jasmine protesa in avanti per dire qualcosa a Selima.
Letizia
le guardò entrambe; le fissò stupita e interdetta: le due donne di
Rashid!
Gelose!
Non erano gelose l'una dell'altra? Soprattutto Selima, per le attenzioni che
Rashid riservava quasi esclusivamente alla principessa Jasmine.
E
Jasmine? Non era gelosa di Selima?
Gli
occhi rapaci di Selima, costantemente alla ricerca di quelli di Rashid, non accendevano in lei la gelosia?
Lei
e Jasmine avevano la stessa età e
quando Harith la guardava con quello sguardo inafferrabile, all'inseguimento di
pensieri audaci e proibiti che la riguardavano e la facevano arrossire, lei
sentiva la carne contrarsi dal piacere e non avrebbe voluto vederlo guardare
un'altra donna con quello stesso sguardo.
Rashid
non aveva mai guardato Jasmine a quel modo? Non era mai balenato, nella mente
di Jasmine, il pensiero che Rashid avesse guardato la sua Favorita proprio a
quel modo, facendole sentire quello spasimo proibito e furtivo nel
desiderare le sue carezze?
Lei
sì! E non poteva evitarsi di pensare alle mani dolcemente brutali di
Harith mentre percorrevano il corpo di Fatima, così come
aveva fatto con lei; alla presa intensa e dolce, tenera e predace con cui le
faceva intendere che la voleva solo per sé, mentre lei non sopportava che lui
potesse volere per sé anche Fatima.
I
fuochi dei bivacchi, d'intorno, baluginavano; a spezzare il suo taciturno
disagio arrivarono risate, voci e gridolini: un gruppo di ragazze con piatti
fumanti e vassoi pieni di coppe e brocche.
Letizia
si alzò e andò loro incontro. Prese dalle mani di una delle ragazze un grosso
piatto di terracotta contenente del cus-cus e cominciò a distribuire, con
gentilezza aggraziata, muovendosi agile nella tunica di seta blu-indaco.
Gridolini,
bisbigli, risate, confusione e il tintinnio delle brocche che si
toccavano e l'allegria che aveva conquistato tutti.
Tutti
meno lei.
Cominciò
a servire quelli che stavano seduti alla sua sinistra; riempì per primo
il piatto di Selima, poi passò ad Ibrahim, che con disinvoltura cominciò a
frugare nel piatto, lasciandovi, però, i pezzi migliori.
Era
la volta di Fatima, che sporse verso di lei la piccola mano grassoccia per
afferrare dal vassoio e portarlo nel proprio piatto una polputa coscia
d'anatra; la ragazza sollevò su di lei lo sguardo e le sorrise.
Letizia
rispose al sorriso e mentre si rialzava sul busto e distrattamente
lanciava un'occhiata sulla sinistra, il vassoio, semivuoto, le tremò in
mano, tanto che dovette sorreggerlo con entrambe: la mano di Fatima e
quella di Ibrahim erano teneramente intrecciate.
Letizia
impietrì e il senso di ingiustizia morale fece emergere dai meandri più
profondi del suo intimo quel sentimento di velato rancore che, una
volta innescato, é impossibile da dominare: Harith la preferiva ad una donna che lo tradiva con un altro uomo.
(continua)
brano tratto da: "DUNE ROSSE - Fiamme sul deserto" volume II° di Maria Pace
su AMAZON
oppure direttamente AUTOGRAFATO presso l'autrice
mariapace2010@gmail.com
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